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L’E-GOVERNMENT: DAI DECRETI DELEGATI DEL MARZO 2005 AI FUTURI DECRETI ENTRO IL 9 MARZO 2006(*)
Giovanni
Duni
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1) Premesse
L’art.
10 della L. 23 luglio 2003, n. 229, al comma 1 conferiva delega al
Governo in materia di informatizzazione, assegnando 18 mesi per
l’emanazione dei decreti delegati. Al terzo comma è
conferita l’ulteriore delega per l’emanazione di «uno
o più decreti legislativi recanti disposizioni correttive e
integrative dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto
degli oggetti e dei principi e criteri direttivi determinati dal
presente articolo, entro dodici mesi decorrenti dalla data di scadenza
del termine di cui al medesimo comma 1»[1]. La scadenza ultima, per intervenire sulla materia è quindi il 9 marzo 2006.
Il
Dipartimento per le Innovazione e le tecnologie ha molto opportunamente
attivato una raccolta di opinioni, anche nel mondo universitario, sulle
prime bozze dei decreti legislativi. Alla luce delle osservazioni
formulate dal mondo della ricerca e da organi istituzionali appare
evidente che la possibilità dei decreti correttivi ed
integrativi dovrà essere esercitata con interventi penetranti.
Gli istituti creati o ristrutturati nel decreto legislativo 28 febbraio
2005, n. 42, “Sistema pubblico di connettività” e
nel più lungo “Codice delle amministrazioni
digitali” costituiscono dei “mattoni” di fondamentale
importanza della costruenda amministrazione digitale e si è
stati generalmente concordi nel riconoscere come apprezzabile sforzo il
lavoro fatto dal Dipartimento dell’innovazione.
Tuttavia si è stati anche unanimi nel suggerire sia modifiche di
impostazione sia completamenti, ritenuti indispensabili per
l’efficacia immediata e nel tempo dell’intervento
normativo, che ha indubbiamente lo scopo di rendere concreto il piano
di azione “E-government” del 2000[2].
Il materiale reperibile sull’argomento, soprattutto da internet,
è ormai assai vasto. Non sono disponibili tutte le opinioni
raccolte dal dipartimento in via informale nel corso della elaborazione
dei decreti legislativi. Si fa quindi riferimento a quelle formulate da
Astrid[3], a quelle prospettate dallo scrivente[4] ed infine a quelle, ponderose ed ufficiali, del Consiglio di Stato[5].
Talune delle osservazioni formali e informali sono state tenute
presenti nella versione definitiva dei decreti. Ma la
complessità del lavoro svolto dallo staff del MIT avrebbe
comportato un altrettanto gravoso lavoro di rifacimento, ove si fossero
volute accettare tutte le osservazioni, ancorché unanimi e
condivisibili. Rifacimento non compatibile con la prima scadenza della
delega (9 marzo 2005).
È quindi da ritenere che il Governo abbia fatto propria
l’idea del Consiglio di Stato, espressa nel parere 7904/04
relativo al D. Legisl. poi divenuto 28 febbraio 2005, n. 42, secondo la
quale il D. Legislativo sul sistema pubblico di connettività sia
in realtà solo il primo di una serie da concludere entro il 9
marzo 2006: concetto richiamato esplicitamente anche nel parere
relativo alla P.A. digitale[6].
Non si pretende in questa sede di fare una “summa” di tutti
i suggerimenti formali ed informali pervenuti al MIT, né tanto
meno la ricostruzione storica di quelli accolti o non accolti nel testo
che dovrebbe apparire sulla G.U. Si vuole soltanto evidenziare alcuni
importanti interventi fra quanto appare necessario fare entro i
prossimi 12 mesi per rendere operative «le commendevoli
finalità esposte dall’Ufficio legislativo del Ministro per
l’innovazione e le tecnologie e contenute, a livello di principio
o di dichiarazione di intenti, nello schema»[7].
Nei paragrafi che seguono sono pertanto esposte delle idee maturate sui
decreti legislativi de quo, soprattutto in vista della possibile
emanazione dei decreti “correttivi” ed
“integrativi” di cui al terzo comma dell’art. 10
della L. 229/2003. Il tutto senza pretesa di completezza in un campo
ormai vastissimo, e dando particolare peso al profilo oggetto delle
nostre specifiche ricerche iniziate nel 1978, sul procedimento
telematico.
2) Passare dalle enunciazioni di principio alla normazione che dia alle amministrazioni i necessari poteri e doveri.
Si
tratta di dare peso al rilievo di carattere generale formulato dal
Consiglio di Stato. In effetti nella lettura dei decreti rinveniamo
molteplici indicazioni strumentali e molte altre di principio, ma
scarsità di disposizioni precettive per l’operatore
amministrativo che, anche a livello dirigenziale, si ponesse
nell’ottica di abbandonare le carte e passare all’era
digitale.
Tra queste carenze spicca quella attinente alla disciplina del
procedimento telematico, della quale ci occupiamo nel § seguente.
Va anche sottolineato che il Consiglio di Stato, pur denunziando queste
carenze che non consentono la concreta attuazione
dell’innovazione, paventa tuttavia la mancanza di una disciplina
che regoli il passaggio graduale dal mondo delle carte a quello
digitalizzato.
Il linea generale, in sostanza, il Consiglio di Stato ravvisa una
scarsa considerazione per i profili giuridico-funzionali della materia
ed uno scarso coinvolgimento del Dipartimento della Funzione Pubblica
nella redazione dei testi.
3) Disciplinare compiutamente il procedimento telematico.
Si
tratta della più importante necessità inquadrabile in
quella più generale del passaggio dalle enunciazioni di
principio alle norme precettive e concretamente eseguibili dalle
pubbliche amministrazioni. Il procedimento è nominato
innumerevoli volte nel Codice dell’amministrazione digitale, ma
solo per profili particolari e non decisivi per passare alla concreta
attuazione. La norma base non è molto dissimile da altre cui
eravamo abituati, che affidavano alla fantasia delle singole PP.AA. una
sorta di mandato in bianco. (Art. 41, comma 1. «Le pubbliche
amministrazioni gestiscono i procedimenti amministrativi utilizzando le
tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nei casi e
nei modi previsti dalla normativa vigente»). Altre norme di
principio sono i commi 2 e 3 dell’art. 63[8].
Questa
carenza normativa non è problema di questi giorni: nel pur lento
recepimento delle idee nate nel mondo della ricerca in materia di
dematerializzazione, firma elettronica e procedimento telematico
possiamo ricostruire alcune date importanti. 1978: pubblicazione delle
idee innovative, comprendenti il procedimento telematico[9]; 1993: riconoscimento della forma elettronica da parte del legislatore[10]; 1997: collegamento della forma elettronica alla firma digitale da parte del legislatore ed del regolamento[11]. Manca quindi l’ultimo presupposto per il passaggio alla nuova era: la disciplina, appunto, del procedimento telematico.
Gli
studi in materia hanno indicato varie problematiche non prive di
interesse e sulle quali va posta la dovuta attenzione ed effettuate
scelte a volte implicanti opzioni tra il meglio teorico ed il buon
risultato realizzabile in tempi ragionevoli. Ricordiamo a volo
d’uccello il sistema di procedimento telematico in cui si crea un
documento unitario a formazione progressiva quanti che siano gli uffici
coinvolti e le differenti amministrazioni competenti[12]. Ricordiamo la possibilità di telelavorare a mezzo di posta elettronica[13].
La possibilità, infine di accettare la posta elettronica
(certificata) solo nei rapporti tra differenti amministrazioni
autonome, riservando la creazione telematica di un documento a
formazione progressiva per tutto quanto deve svolgersi
all’interno di una sola amministrazione[14];
(Per chiarezza: non parliamo della posta elettronica certificata in
generale, il cui uso si auspica senza riserve, ma solo
dell’utilizzazione per compiere le fasi del procedimento
amministrativo). La necessità che si crei il fascicolo virtuale
condiviso del procedimento[15].
L’area condivisa, entro la quale sarà allocato il suddetto
fascicolo sarà il presupposto di partenza sul quale impostare il
procedimento telematico. Da detta area proverranno le informazioni
necessarie a tutti gli uffici procedenti (conoscenza mediante accesso e
non mediante posta elettronica!) e verso questa area confluiranno tutti
gli interventi che la legge o il regolamento richiedono per ogni
specifico procedimento amministrativo.
Come è stato già sottolineato[16],
la disponibilità di quest’area rivoluziona tutte le nostre
pregresse conoscenze sul procedimento, nato come sequenziale
(“procedimento” da “procedere”) si trasforma in
attività a stella, ossia con interventi tutti potenzialmente
contemporanei, salvo specifiche ragioni che impongano talune sequenze.
Già la telematica determina da sola un’accelerazione
dell’attività amministrativa; aggiungiamo la
contemporaneità degli interventi consentita dal fascicolo
virtuale condiviso ed avremo la prospettiva di una funzionalità
oggi assolutamente impensabile.
Le
enunciazioni di principio che si trovano nei decreti del 2005 sono
andate molto vicino al procedimento: nelle stesse definizioni del D.
Legisl. 42 del 2005 troviamo vari livelli di interconnessione ed
interoperabilità tra le amministrazioni[17],
l’ultima delle quali, la «cooperazione applicativa»,
attiene alla concreta operatività dei procedimenti
amministrativi. Ma, per renderla concreta, evidentemente non basta la
definizione.
Ricordiamo
ancora che la L. n. 15 del 2005, ha introdotto nella l. 241/90 la
conferenza di servizi telematica, da tempo auspicata della dottrina[18]
come mezzo per facilitare le conferenze di servizi senza lo spostamento
fisico delle persone. Conferenza telematica ripresa dall’art. 41
del “Codice dell’amministrazione digitale”. Anche qui
vanno chiariti molti aspetti che non possono essere lasciati nella
indeterminatezza, pena la inattuabilità di questa
“commendevole intenzione”. In particolare va chiarito come
si debba produrre il documento informatico “determinazione
conclusiva” (art. 14 ter, comma 10, L. 241/90), che sarà a
base del provvedimento dell’amministrazione procedente.
4)
Delegificare e ricostituire il T.U. della documentazione
amministrativa. Eliminare il dualismo SPC e Codice
dell’amministrazione digitale.
Le
tematiche enunciate sotto questo punto 4 sono tre; tuttavia è
opportuno prenderle in considerazione congiuntamente poiché
devono essere risolte tenendole presenti in una visione organica della
materia.
Lo
stesso Consiglio di Stato per altro non da una soluzione concreta e
sicura complessiva, ma fornisce comunque gli elementi critici per
sviluppare le più opportune soluzioni. In sostanza appaiono
criticabili:
1)
la scelta di portare a livello di norma primaria soluzioni legate alla
tecnologia in modo diretto o anche indiretto (aspetti organizzativi
legati alle soluzioni tecnologiche). In questa materia, così
come hardware e software hanno rapide obsolescenze, parimenti le
soluzioni della macro informatica hanno necessità di adattarsi
all’evolversi della tecniche e delle esperienze operative. Il
livello normativo regolamentare, unitamente a D.M. di normazione
tecnica, appare quindi quasi sempre il più idoneo, lasciando al
livello legislativo enunciazioni di principi ed obbiettivi. La scelta
effettuata è quindi in chiara controtendenza con le tecniche di
normazione moderna.
2)
La scelta di distruggere la caratteristica di testo unico al DPR
445/2000, sottraendo ad esso la documentazione informatica. Non si
tratta infatti di togliere dal T.U. sulla documentazione amministrativa
un aspetto marginale, bensì una parte che appare sempre
più fondamentale, anche dal punto di vista quantitativo,
nell’ottica dell’avanzante dematerializzazione perseguita
dai Decreti de quo. Non se ne comprende il motivo, se non in una
visione della “materia informatica” composta da aspetti
molto legati a presupposti tecnologici e pertanto in grado di attrarre
anche il “prodotto finale”, ossia il documento informatico.
3)
La scelta di disciplinare in un testo separato il Sistema Pubblico di
Connettività e Cooperazione. L’informatica, fin dai primi
anni dopo la sua nascita, ha scoperto che 100 computers valgono 100, ma
che gli stessi 100, messi in rete valgono 10.000. Non solo per le
sinergie dei calcoli ingegneristici, che qui non ci riguardano, ma
perché consentono di comunicare, di cooperare in rete intorno ad
un obbiettivo, di telelavorare tra uffici, di aprirsi
all’esterno. Quindi la connettività, presupposto della
interoperabilità funzionale intorno a progetti comuni, non
è altro che un aspetto fondamentale dell’informatica.
Telematica ed informatica sono inscindibili. Non per niente
l’attività dematerializzata dell’amministrazione fu
definita “teleamministrazione” fin dal 1991[19].
Del resto la contiguità dei problemi emerge più volte
scorrendo i tre attuali testi: si veda, ad esempio, l’art. 5 del
D. Legisl. 42/2005, in materia di scambio di documenti tra le PP.AA.[20], che poteva più opportunamente essere incluso nel “Codice dell’amministrazione digitale”.
È
esclusa quindi sicuramente la necessità di tre testi: un T.U.
monco del documento informatico; un testo sulle reti; un testo sulla
informatica delle PP.AA.; resta solo da decidere se i futuri testi
debbano essere due oppure uno solo. In sostanza potremmo ipotizzare:
—
Due testi distinti: un testo normativo di contenuto tecnico, che,
ratione materiae, attragga nel proprio interno anche gli aspetti dei
problemi giuridico-documentali e procedimentali della
dematerializzazione, considerando questa strettamente collegata, in
quanto “figlia” della tecnologia. In presenza di questo
testo resterebbe da definire il ruolo del DPR 445/2000, che andrebbe
riscritto e rititolato.
—
Due testi distinti: un testo normativo di contenuto esclusivamente
tecnico che accuratamente espunga dal proprio interno tutto quanto
attiene alla documentazione amministrativa ed al procedimento, da
reinserire nel DPR 445/2000: il testo tecnico farebbe quindi
riferimento al DPR 445 ogni volta che fosse necessario e viceversa.
—
Un unico testo che consideri l’attività della P.A. —
sia essa cartacea che digitale — un problema unitario, collegato
ai principi della L. 241/90, così come modificati dalla L.
15/2005. Secondo il Consiglio di Stato in questo testo andrebbero
ricompresi la disciplina dell’indice nazionale delle anagrafi, ed
il D.P.R. sull’utilizzo della posta elettronica certificata. Le
norme di natura tecnica contenute in questo ampio testo dovrebbero
essere limitate ai principi basilari, più che altro indicati
come obbiettivi, per non farsi cogliere dalla necessità di dover
ricorrere al Parlamento per apportare le immancabili continue modifiche
suggerite dalla evoluzione tecnologica, dalle esperienze e dagli studi
sul campo.
La
soluzione di un unico testo appare senz’altro preferibile; tutto
il dettaglio della tecnologia dovrebbe essere espunto dalla normativa
primaria, sia per le ragioni di opportunità intrinseca ora
dette, sia per non stravolgere la natura del T.U. sulla documentazione,
nel quale le poche indicazioni tecniche costituirebbero solo i
presupposti che dichiarano e definiscono la forma elettronica e la
gestione telematica di procedimenti e servizi. Queste limitate
indicazioni tecniche di rango primario dovrebbero contenere ampi e
ripetuti rinvii ad altri due livelli di normazione: il regolamento, che
potrebbe essere inserito nello stesso testo unico con
l’indicazione “R” e, soprattutto, le norme tecniche,
adottabili con Decreti ministeriali e pertanto di velocissima
modificabilità.
A
differenza di quanto i tecnici del MIT hanno creduto, elevando al rango
di norma primaria scelte che sarebbe stato meglio rendere più
facilmente reversibili, sotto l’apparente valorizzazione del
lavoro svolto, hanno determinato una loro “deminutio” per
il futuro: lo “staff” ministeriale infatti non
potrà più modificare nulla dei decreti del marzo 2005,
essendo ciò trasferito alla competenza delle assemblee
parlamentari, ovvero al Governo, ma solo previa una nuova delega, ove
si oltrepassi la data del 9 marzo 2006.
Occorre
quindi mettersi subito al lavoro per utilizzare proficuamente gli
ulteriori 12 mesi che, con lodevole lungimiranza, il legislatore ha
previsti nel terzo comma dell’art. 10 della L. 229/03: in
quest’anno già iniziato si potrà correggere
delegificando ed integrare ove necessario.
4) Il digital divide.
Il Consiglio di Stato si è soffermato anche sul problema del
“digital divide” ed il Governo ha inserito nel testo del
Codice della P.A. digitale l’attuale art. 8, che recita:
«Alfabetizzazione informatica dei cittadini. 1. Lo Stato promuove
iniziative volte a favorire l'alfabetizzazione informatica dei
cittadini con particolare riguardo alle categorie a rischio di
esclusione, anche al fine di favorire l'utilizzo dei servizi telematici
delle pubbliche amministrazioni». Sulla portata della norma
qualche osservazione è formulata più oltre. Qui si vuole
sottolineare che nella storia dell’uomo il digital divide non
è altro che uno dei tanti “divide” che hanno diviso
l’umanità tra i più fortunati e quelli che non
hanno goduto di determinati benefici. Per quanto riguarda le tecnologie
del progresso dell’uomo in tutti i tempi abbiamo avuto anzitutto
“divides” tra popoli ed altresì tra individui nella
stessa popolazione. Uno dei più cronici divides è stato
quello dell’alfabetizzazione, che nel nostro Paese è stato
risolto solo di recente e forse non del tutto
Di
fronte al progresso che avanza non è certo possibile rallentarlo
per attestarci sulle posizioni di chi non sarebbe in grado di
utilizzare le innovazioni. Il tempo ed i supporti pubblici sanano le
situazioni ed il figlio dell’analfabeta si laurea, mentre il
figlio della contadina timorosa può diventare campione di
motocross.
Cosa si chiede quindi al legislatore moderno, in particolare per il
digital divide informatico? Non si chiede di soprassedere alle
innovazioni, ma di essere in anticipo consapevole del problema: questa
consapevolezza anticipata è già una importante
caratteristica del digital divide informatico, rispetto ai tanti divide
che hanno costellato la storia dell’uomo. Inoltre, mentre in
passato l’aspetto deteriore della natura umana ha spesso
approfittato delle situazioni emarginate a causa del naturale effetto
del divide, oggi, in uno Stato moderno, nella cui Costituzione è
inserito l’art. 3, con i commi 1 e 2, il comune intento è
di trovare tutti i rimedi per attenuare gli effetti discriminatori di
fatto che deriverebbero dal fenomeno.
Già oggi uno studente che naviga in internet può accedere
ad una massa di informazioni negata a chi non ha questa
possibilità. Se un domani la Pubblica amministrazione diventasse
completamente digitalizzata e pretendesse di colloquiare con i
cittadini soltanto a mezzo di reti e computers, avremmo un pesantissimo
aggravamento delle situazioni dei cittadini che, o per motivi economici
o per scarsa predisposizione, non sono in grado di utilizzare questi
strumenti. Questi cittadini sarebbero costretti a rinunziare ad
accedere a servizi e funzioni pubbliche, rischiando addirittura di
essere criminalizzati ove, per ipotesi, ad ogni cittadino venisse
d’ufficio attribuita una casella di posta elettronica certificata
e tutte le comunicazioni ufficiali, con effetti giuridici pari alla
notifica, avvenissero presso quella casella. Sarebbe come se, con
l’avvento delle automobili, una legge stabilisse che nelle vie
pubbliche non si può più circolare a piedi.
Da questi esempi paradossali discende il primo obbligo costituzionale
del legislatore: perseguire la modernizzazione anche spinta, ma
lasciare alternative per chi non è in grado di utilizzarla.
Con riferimento alla informatizzazione le possibilità sono di
due tipi: A) mantenere una possibilità di gestione cartacea
alternativa nei rapporti con chi è individuato come soggetto
“non informatizzato”: questa soluzione appare auspicabile
per le comunicazioni tra P.A. e cittadino; B) supportare il cittadino
“non informatizzato” che desidera interfacciarsi con una
amministrazione informatizzata, consentendogli di accedere ad uno
sportello presidiato da un impiegato addetto a raccogliere le istanze o
le comunicazioni del privato per inserirle nel procedimento
informatizzato. Questa soluzione ci sembra più concretizzabile
di troppo generali “centri di servizio a livello
territoriale”, con il compito di supportare il cittadino non
informatizzato[21].
Questi rimedi impediranno la brusca ghettizzazione dei cittadini non
informatizzati. Non saranno tuttavia in grado di evitare che costoro
rimangano comunque al di fuori di un mondo che corre sempre di
più, retrocedendo quindi se non altro in termini comparativi nei
confronti del resto della società in cui vivono. Mentre i primi
rimedi sopra esposti sono risolti con accorte normative ed a costo
zero, o comunque con costi non evidenziabili, la diffusione
dell’informatizzazione non può prescindere da investimenti
di tipo sociale, incentivando l’acquisto di computer, le
attivazioni delle connessioni a banda larga, i corsi di
alfabetizzazione informatica dentro e fuori le scuole.
Esempi normativi di incentivazioni non mancano nelle legislazioni
regionali. Ma anche lo Stato può agire in tal senso. Lo ha fatto
con la legge 27 dicembre 2002, n. 289, che all’art. 27 ha
previsto un finanziamento di un progetto “PC ai giovani”.
La Regione Emilia Romagna impugnò tale norma per preteso
contrasto con il riparto delle competenze tra Stato e Regioni, stante
la gestione ministeriale di fondi settoriali in materie di competenza
regionale. Ricorso respinto dalla Corte Costituzionale con la Sent. 13
ottobre 2004, n. 307, nella quale si osserva che l’intervento di
incentivazione «corrisponde a finalità di interesse
generale, quale è lo sviluppo della cultura, nella specie
attraverso l'uso dello strumento informatico, il cui perseguimento fa
capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 della
Costituzione) anche al di là del riparto di competenze per
materia fra Stato e Regioni».
Nella propria motivazione la Corte non respinge né fa proprie le
argomentazioni dell’Avvocatura dello Stato, che si richiama
all’art. 117 Cost., comma secondo, lettera m), e sottolinea
«la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale» ed afferma «che non è
contestabile che, nell'attuale assetto sociale, l'accesso ai mezzi
informatici vada considerato "un vero e proprio diritto sociale",
strumentale all'esercizio di altri diritti fondamentali,»…
«non v'è dubbio che il progetto "PC ai giovani", volto a
garantire su tutto il territorio nazionale, attraverso misure generali
ed omogenee, un livello minimo di accesso per i giovani alla
acquisizione ed utilizzazione degli strumenti informatici, dovrebbe
qualificarsi come misura diretta ad assicurare un "livello essenziale"
di "diritti civili e sociali", sicché esso non potrebbe non
ricondursi alla esclusiva potestà legislativa statale».
Tali argomenti ci sembrano particolarmente convincenti, se collegabili
ad un concreto digital divide fondandosi quindi anche sul secondo comma
dell’art. 3 della Costituzione.
Tornado all’art. 8, sopra menzionato, esso è formulato
come norma di principio e programmatica; forse di più non era
possibile in questa sede. Ma ciò che giova osservare è
che essa copre un interesse sociale più vasto
dell’informatica amministrativa e dell’interfaccia tra P.A.
e cittadino. Infatti l'alfabetizzazione informatica dei cittadini
…. è promossa anche al fine di favorire l'utilizzo dei
servizi telematici delle pubbliche amministrazioni. Il diritto sociale
ha cioè una portata ampia e generale, nell’ambito della
quale i rapporti con la P.A. sono solo una specifica utilizzazione.
(*) Pubblicato in “Diritto
dell’internet”, 2005, p. 228 ss. Successivamente alla
pubblicazione dello scritto l’art. 1, comma 7, della legge Legge
17 agosto 2005, n.168, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del
22 agosto 2005, di conversione del D.L. 115/2005, ha prolunganto di 3
mesi il termine della delega per l’emanazione dei decreti
integrativi e correttivi, che pertanto è ora il 9 giugno 2006.
[1] La prima delega è scaduta il 9
marzo; sulla G.U. 30 marzo 2005, n. 42, è stato pubblicato
sollecitamente il D. legisl. 28 febbraio 2005, n. 42: Istituzione del
sistema pubblico di connettività e della rete internazionale
della pubblica amministrazione, a norma dell'articolo 10, della legge
29 luglio 2003, n. 229. Il “Codice dell’amministrazione
digitale” — reperibile da tempo nel sito web
http://www.padigitale.it ed approvato in via definitiva dal Consiglio
dei ministri il 4 marzo 2005 — è stato pubblicato soltanto
nel supplemento ordinario n. 93 alla G.U. del 16 maggio 2005, n. 112
(D. legisl. 7 marzo 2005, n. 82). Il notevole ritardo aveva fatto
ipotizzare che il Governo avesse voluto spostare il completamento del
quadro normativo al 2006. Avendo infatti pubblicato il primo decreto
42/2005 entro i termini del primo comma dell’art. 10 citato, era
già operante il secondo più lungo termine del terzo
comma, ossia il 9 marzo 2006.
[2] Adozione del piano d’azione sul
governo elettronico da parte del Comitato dei ministri per la
società dell’informazione (23 giugno 2000).
Successivamente: Direttiva del MIT 18 dicembre 2003: Linee guida in
materia di digitalizzazione dell'amministrazione per l'anno 2004. (GU
n. 28 del 4-2-2004)
[3]
http://www.astridonline.it/E-governme/Codice-del/
ASTRID-Osservazioni-codice-PA-digita.pdf.
Successivamente è stato elaborato un altro documento di
“osservazioni”, tuttavia non di pubblico dominio.
[4] Alcune delle osservazioni furono
pubblicamente formulate in un convegno tentutosi a Cagliari
nell’ottobre del 2004, con la presenza del Capo di Gabinetto del
MIT, Avv. Di Giovanni, del Consigliere scientifico Prof. Benzi e del
Prof. Talamo, consulente:
http://spol.unica.it/teleamm/dottorato/convegni/convegno2004.
[5] Parere 11995-04 del 7 febbraio 2005: http://www.giustizia-amministrativa.it
[6] «La Sezione ha, però,
rilevato come la stessa delega renda possibile un intervento di
riassetto con “uno o più decreti legislativi”, ed ha
quindi fornito il proprio parere favorevole intendendo – con
qualche sforzo interpretativo, di cui la riferente Amministrazione
dà atto nella relazione dello schema in oggetto – quello
schema di decreto legislativo come un intervento parziale, che riordina
la materia nella (sola) misura in cui sostituisce l’SPC alla
RUPA. La sua natura di “provvedimento di riassetto
normativo” (e in ultima analisi il rispetto della norma di
delega) era, allora, stata fatta salva a condizione che
l’intervento confluisse, poi, nella generale codificazione della
materia nel rispetto del comma 1 dell’art. 10, divenendo
“uno” tra i “più” decreti legislativi di
riassetto.»
[7] Cons. Stato parere 19955-04/2005.
[8] 2. Le pubbliche amministrazioni
centrali progettano e realizzano i servizi in rete mirando alla
migliore soddisfazione delle esigenze degli utenti, in particolare
garantendo la completezza del procedimento, la certificazione
dell’esito e l’accertamento del grado di soddisfazione
dell’utente.
3. Le pubbliche amministrazioni collaborano per integrare i
procedimenti di rispettiva competenza al fine di agevolare gli
adempimenti di cittadini ed imprese e rendere più efficienti i
procedimenti che interessano più amministrazioni, attraverso
idonei sistemi di cooperazione.
[9] Duni, L'utilizzabilità delle
tecniche elettroniche nell'emanazione degli atti e nei procedimenti
amministrativi. Spunto per una teoria dell'atto amministrativo emanato
nella forma elettronica, in "Rivista amm. della Repubblica italiana",
1978, pag. 407 ss.
[10] D. legisl. 12 febbraio 1993, n. 39, art. 3.
[11] L. 15 marzo 1997, n. 57, art. 15, comma 2; DPR. 10 novembre 1997, n. 513 (e successiva evoluzione della disciplina).
[12] La teleamministrazione: una
“scommessa” per il futuro del Paese, relazione al 5º
Congresso internazionale della Corte di Cassazione sul tema
“Informatica e attività giuridica” Roma, 3-7 maggio
1993, I.P.Z.S. - Libreria dello Stato, 1994, II, p. 381 ss.
[13] Questo dovrebbe essere il metodo
normale secondo il comma 1 dell’art. 47 del Codice
dell’amministrazione digitale.
[14] Duni, Ancora sul
procedimento amministrativo: le ultime novità della ricerca in
materia, relazione al III convegno DAE, Catania 2-3 luglio 2004, in
ftp://spol.unica.it/didattica/duni/informatica_amministrativa
/informatica_amministrativa.htm.
[15] Art. 41 del “Codice
dell’amministrazione digitale”, comma 2: «La pubblica
amministrazione titolare del procedimento può raccogliere in un
fascicolo informatico gli atti, i documenti e i dati del procedimento
medesimo da chiunque formati». L’espressione
“può” deve essere corretta in “deve”,
poiché la condivisione del fascicolo virtuale costituisce il
presupposto basilare per la gestione di un procedimento telematico.
Cfr., più in generale, l’art. 2, Comma 2, D. Legisl.
42/2005. In dottrina: Duni, Ancora sul procedimento, cit.; Relazione al
convegno “L’informatica delle pubbliche amministrazioni: un
problema di globalità”, Cagliari, 22-23 ottobre 2004, in
http://spol.unica.it/teleamm/dottorato/convegni/convegni.htm.
L’area condivisa, entro la quale risiederà il procedimento
telematico, dovrà essere definita dalle norme tecniche e
costituirà un presupposto di funzionalità
dell’intera informatica pubblica, al punto di costituire urgente
motivo di normazione da parte dello Stato, ai sensi del potere di
coordinamento di cui all’art. 117, comma 2, lett. r, Cost. In
dottrina si è evidenziata una eccessiva timidezza dello Stato
nell’esercitare tale potere, anche in riferimento all’art.
14 del “Codice” de quo: Perrino, Prime riflessioni a
proposito dello schema di codice dell’amministrazione digitale,
in http://www.amministrazioneincammino.luiss.it
[16] Duni, Ancora sul procedimento, cit.
[17] Art. 1. Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) «documento informatico»: la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti;
b) «trasporto di dati»: i servizi per la realizzazione,
gestione ed evoluzione di reti informatiche per la trasmissione di
dati, oggetti multimediali e fonia;
c) «interoperabilità di base»: i servizi per la
realizzazione, gestione ed evoluzione di strumenti per lo scambio di
documenti informatici fra le pubbliche amministrazioni e tra queste e i
cittadini;
d) «connettività»: l'insieme dei servizi di trasporto di dati e di interoperabilità di base;
e) «interoperabilità evoluta»: i servizi idonei a
favorire la circolazione, lo scambio di dati e informazioni, e
l'erogazione fra le pubbliche amministrazioni e tra queste e i
cittadini;
f) «cooperazione applicativa»: la parte del sistema
pubblico di connettività finalizzata all'interazione tra i
sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni per garantire
l'integrazione delle informazioni e dei procedimenti amministrativi.
[18] Duni, Il procedimento
amministrativo tra conferenza di servizi, multimedialità e
teleamministrazione, in Scritti in onore di G. Guarino, CEDAM, 1998,
II, p. 165 ss.
[19] Duni, Il progetto nazionale
di teleamministrazione pubblica, in “L’informatica
giuridica e il Ced della Corte di Cassazione”, atti del Convegno
presso l’Univ. di Roma “La Sapienza”, 27-29 nov.
1991, Milano 1992, p. 87 ss.
[20] Art. 5. Scambio di documenti informatici nell'ambito del Sistema pubblico di connettività.
1. Gli scambi di documenti informatici tra le pubbliche amministrazioni
nell'ambito del SPC, avvengono nel rispetto delle procedure di
cooperazione applicativa finalizzate allo svolgimento di procedimenti
amministrativi e costituiscono invio documentale valido ad ogni effetto
di legge se realizzate nel rispetto delle regole tecniche e di
sicurezza di cui all'articolo 16.
[21] Questi centri sono previsti
nella direttiva del MIT 18 dicembre 2003 Linee guida in materia
di digitalizzazione dell'amministrazione per l'anno 2004. (GU n. 28 del
4-2-2004) e sono ricordati anche nel parere del Consiglio di Stato.
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